La scoperta di EndoTracer
Ho iniziato ad utilizzare l'EndoTracer Komet, ovvero la fresa al carburo di tungsteno, a pallina (diametro 0,8mm), a gambo lungo (34mm ), a collo ristretto, codice komet h1sml.34.205.008 non appena in Italia è stata messa in commercio.

Figura 1: Fresa H1SML.31.205.008, lunghezza 31mm, calibro 0.8mm. Sebbene la lunghezza di questa fresa sia già sufficiente per favorire la visibilità, i 3 mm di lunghezza in più della fresa da 34 mm possono fare la differenza in moltissimi casi clinici. Gli incisivi centrali traumatizzati, parzialmente o totalmente obliterati sono una delle indicazioni elettive all'utilizzo di questa fresa. In combinazione con le punte ad ultrasuoni, guidati da sistemi ingrandenti e luce dedicata, favoriscono visibilità, precisione e rapidità d'esecuzione in moltissimi casi complessi.
Precedentemente acquistavo una fresa con le medesime caratteristiche negli Stati Uniti, dove il Dottor Munce aveva disegnato un brevetto che era poi riuscito a far produrre da un'azienda Statunitense. A quei tempi era più difficile acquistare negli USA, ma ero così innamorato di questo "gioiello" dell'odontoiatria, da superare qualsiasi ostacolo burocratico, commerciale ed economico per averla e utilizzarla nell'attività clinica quotidiana per i miei pazienti. Era una fresa a pallina, al carburo di tungsteno, per CA, uno dei tre modelli della serie "Munce Discovery Burs". Il modello che preferivo era la "Deep Troughers", la cui lunghezza (34mm), il collo ristretto, il gambo rigido, non flessibile, la disponibilità di molti calibri (#1/4, #1/2, #1, #2, #3, #4), le tacche di profondità incise sul collo, la qualità delle lame, l'efficienza di taglio e l'eccezionale durata, rendevano questa fresa indispensabile nella gestione di alcune fasi cruciali della terapia endodontica.

Figura 2: Fresa Munce Discovery Burs, modello Deep Troughers, lunghezza 34mm, N°1, diametro 0,8mm.
Inizialmente non era disponibile il codice colore, inserito nei modelli più recenti ed estremamente utile a distinguere i 6 diametri disponibili (#1/4 rosa diametro 0.6mm, #1/2 grigia diametro 0.7mm, #1 viola diametro 0.8mm, #2 bianca diametro 1mm, #3 gialla diametro 1.2mm, #4 rossa diametro 1.4mm).
Le tacche di riferimento forniscono un'indicazione rapida sulla profondità di lavoro, prevenendo i danni iatrogeni nel terzo medio-apicale del canale. In Italia era disponibile una fresa altrettanto lunga, la fresa Endo Muller, il cui collo flessibile e le dimensioni eccessive della parte lavorante (0,9mm, 1mm, 1,2mm, 1,4mm, 1,6mm, 1,8mm), la rendevano poco indicata in ambito endodontico. Negli ultimi anni anche in Italia è stata prodotta, dall'azienda Komet, una fresa a gambo extra-lungo, inizialmente di 31mm e successivamente di 34 mm, con caratteristiche simili alla fresa di Munce. Sebbene 3mm possano sembrare pochi, la visibilità che si può avere utilizzando la fresa da 34mm è decisamente superiore rispetto alla fresa da 31mm. Più si allontana la testa del manipolo dalle strutture coronali del dente, più si aumenta l'area visibile da parte dell'operatore. Il collo ristretto (1mm, anzichè il tradizionale diametro di 2,4mm), previene il contatto accidentale tra la fresa e le pareti della cavità d'accesso ed aumenta la visibilità ed il raffreddamento della parte lavorante, specialmente quando viene utilizzata una misura piccola ed in profondità, in posizione endocanalare. A differenza delle frese di Munce, sul gambo non sono incise tacche di profondità. Allo scopo di limitare i potenziali danni iatrogeni, il posizionamento di anellini in gomma può aiutare gli operatori meno esperti a determinare l'area di sicurezza.
La fresa extra-long, da 34 mm, utilizzata a basso numero di giri, con raffreddamento ad aria compressa, sotto la guida di sistemi ingrandenti e luce coassiale, ha molte indicazioni cliniche. Sebbene tutte le misure disponibili siano utili in determinate fasi operative, la fresa di diametro 1mm è di estrema utilità in combinazione con la fresa a diametro 0.8mm

Figura 3: Fresa H1SML.31.205.010, lunghezza 31mm, calibro 1mm. Anche questa fresa, alla lunghezza di 34 mm, può essere di grande utilità in combinazione o alternativa alla fresa a diametro 0.8 mm.
Segue un elenco delle fasi in cui il clinico può utilizzare queste frese, in alternativa o in combinazione alle punte ad ultrasuoni, durante il trattamento endodontico e per la preparazione cavitaria nel restauro post'endodontico.
- Reperimento di imbocchi canalari nascosti.
- Detersione di istmi canalari.
- Esposizione di strumenti separati endocanalari.
- Reperimento di orifizi canalari calcificati in presenza di obliterazioni parziali o complete del sistema endodontico (Fig.1).
- Rimozione di calcificazioni endocamerali e/o endocanalari.
- Rimozione di cemento e guttaperca nei ritrattamenti ortogradi (Fig.4).
- Rimozione di otturazioni canalari carrier-based (tradizionali o cross-linked) (Fig.5).
- Preparazione di pozzetti canalari, ovvero di micro-cavità adesive, nel terzo coronale dei canali radicolari, nelle fasi di preparazione cavitaria per la ricostruzione del dente trattato endodonticamente (Fig.6).
- Preparazione del "post-space", ovvero della cavità per la cementazione di un perno endocanalare.
- Detersione di pavimento e pareti della camera pulpare dal cemento endodontico, prima delle fasi adesive ricostruttive post-endodontiche, a cui è dedicato questo case report.

Figura 4: Ritrattamento endodontico di un premolare mandibolare. Fase di rimozione della guttaperca dal terzo coronale.

Figura 5: In presenza di otturazioni canalari carrier-based, l'EndoTracer, utilizzata a basso numero di giri, rappresenta il sistema rotante più affidabile e preciso per eseguire preparazioni rapide e conservative.

Figura 6: Preparazione della cavità adesiva di un primo molare mandibolare sinistro. La fresa H1SML a diametro 0,8mm è la fresa ideale per preparare i micro-pozzetti degli imbocchi canalari.
Case report
Il paziente si presenta in studio in urgenza, lamentando un dolore acuto all'emiarcata inferiore sinistra, specialmente alla masticazione e durante la masticazione.
Il paziente riesce ad individuare il primo molare come dente responsabile e riferisce un insopportabile aumento della sintomatologia algica nelle precedenti 24 ore.
All'ispezione dell'emiarcata coinvolta non si evidenziano fistole, ascessi e/o fratture.
Il primo molare mandibolare sinistro presenta un restauro in composito occlusale. Il dolore alla percussione assiale e alla palpazione periapicale, il test di vitalità negativo, la mobilità di grado due, fanno sospettare una necrosi pulpare, diagnosi confermata dalla radiografia endorale preoperatoria che mostra aree di radiotrasparenza periapicali per entrambe le radici ed una camera pulpare ampia, con cornetti pulpari bene evidenti (Fig.7).
Figura 7: Radiografia endorale preoperatoria che mostra aree di radiotrasparenza periapicali per entrambe le radici ed una camera pulpare ampia, con cornetti pulpari bene evidenti.
Dopo aver comunicato diagnosi e piano di trattamento ed aver ricevuto il consenso informato, si procede con il trattamento d'urgenza che prevede pulpectomia e, possibilmente, detersione e sagomatura del sistema dei canali radicolari.
Dopo anestesia ed isolamento del campo operatorio con la diga di gomma, si seleziona una fresa diamantata a grana grossa, di forma cilindrica a testa arrotondata lavorante e si prepara la cavità d'accesso con una singola fresa (Fig.8).

Figura 8: Fresa diamantata a grana grossa (anello verde), cilindrica, a testa lavorante arrotondata, di 1.4 millimetri di diametro e parte lavorante di 8 millimetri, per un totale di 10 millimetri di lunghezza. Utilizzata in alternativa alle due tradizionali frese diamantate (fresa a palla e fresa tronco-conica a testa non lavorante), può offrire, in casi accuratamente selezionati, indiscutibili vantaggi pratici.
Si preferisce l'utilizzo della turbina con raffreddamento ad acqua (Fig.9), per limitare i tempi di lavoro e le vibrazioni percepite dal paziente, molto sensibile, anche in virtù della sintomatologia acuta per la quale si è presentato in studio.

Figura 9: Si prepara la cavità d'accesso con una singola fresa diamantata a grana grossa, di forma cilindrica a testa arrotondata lavorante.L'utilizzo della turbina con raffreddamento ad acqua limita i tempi di lavoro e le vibrazioni percepite dal paziente, molto sensibile, anche in virtù della sintomatologia acuta per la quale si è presentato in studio.Fase di penetrazione ed allargamento cavitario e rifinitura delle pareti assiali.
In pochi secondi si completano le fasi di penetrazione, allargamento, rifinitura delle pareti assiali. L'ingrandimento e la luce coassiale dedicata semplificano la procedura, prevenendo il contatto accidentale della testa della fresa con il pavimento della camera pulpare.
Una prima fase di irrigazione preliminare, con un ago endodontico, a testa chiusa e doppia apertura laterale, assicura la rimozione di smear layer e tessuti organici in fase precoce, prevenendo la formazione di blocchi endocanalari.
Operatori meno esperti possono rifinire e svasare le pareti assiali con la stessa fresa cilindrica montata su manipolo moltiplicatore ad anello rosso, riducendo la velocità di rotazione, per un maggior controllo.
I neofiti di questa tecnica possono inizialmente utilizzare la tradizionale fresa a punta arrotondata (Fig.10) appoggiandosi al pavimento della camera pulpare, se non si sentono ancora sufficientemente sicuri con la fresa a testa lavorante

Figura 10: Fresa diamantata a grana media, tronco conica a testa non lavorante (cod. 851.314.012). Viene utilizzata dopo la fase di penetrazione (eseguita con la fresa a pallina), per l'allargamento e rifinitura delle pareti assiali cavitarie. La punta liscia arrotondata non tagliente previene l'asportazione di sostanza dentale sana dal pavimento della camera pulpare, area anatomica molto delicata dal punto di vista strutturale. Operatori meno esperti possono inizialmente utilizzare la tradizionale fresa a punta arrotondata per rifinire le pareti assiali.
Dopo un'accurata detersione del sistema dei canali radicolari si procede con un delicato sondaggio manuale utilizzando un k-file 10, precurvato, alla lunghezza di lavoro determinata con un localizzatore elettronico d'apice (Fig.11).

Figura 11: Misurazione delle lunghezze di lavoro di ogni canale con un localizzatore elettronico d'apice.
Si seleziona un sistema di strumentazione reciprocante e si sagomano i tre canali, alternando ogni ciclo di taglio con la rimozione dei trucioli dentinali dalle spire dello strumento, copiose irrigazioni canalari con ipoclorito di sodio al 5,25% e valutazione a forte ingrandimento del grado di detersione ottenuto.
Dopo aver accuratamente misurato ogni lunghezza di lavoro con un localizzatore elettronico d'apice, i tre canali, ognuno ad apice indipendente, vengono sagomati con lo stesso singolo strumento. Dopo l'irrigazione finale, si controlla la cavità d'accesso ultimata che mostra un disegno quadrangolare per la presenza di due imbocchi mesiali circolari ed un imbocco distale ovalare (Fig.12).

Figura 12: La cavità d'accesso ultimata mostra un disegno quadrangolare per la presenza di due imbocchi mesiali circolari ed un imbocco distale ovalare.
Si procede con il gauging dei tre canali e la rifinitura apicale. Ogni lunghezza di lavoro viene confermata inserendo tre strumenti endodontici alla profondità verificata con un localizzatore elettronico d'apice (Fig.13) e viene scattata una radiografia intraoperatoria.

Figura 13: Tre strumenti endodontici inseriti alla profondità di lavoro verificata con un localizzatore elettronico d'apice.Radiografia intraoperatoria.
I due canali mesiali, ad apice indipendente, vengono sagomati con strumenti reciprocanti a conicità 07 e diametro in punta 25, il canale distale con uno strumento a conicità 06 e diametro in punta 35, in presenza di ipoclorito di sodio.
Dopo avere attivato le soluzioni irriganti con un sistema subsonico, allo scopo di potenziarne l'effetto, si completa il protocollo di detersione con un lavaggio finale in EDTA liquido al 17%, seguito da un'ultima irrigazione con ipoclorito di sodio. Tre coni di guttaperca di forma, dimensioni e conicità corrispondenti all'ultimo strumento utilizzato per sagomare, vengono selezionati e provati nei rispettivi canali inondati di ipoclorito di sodio. Coni di carta sterili vengono inseriti nei canali per assorbire i liquidi presenti.
Il sistema dei canali radicolari risulta completamente asciugabile e si può procedere con la compattazione verticale a caldo della guttaperca. Un cono accessorio, di stabilizzazione, viene scelto ed inserito nel canale distale di forma ellittica per aumentare la massa di guttaperca coronale.
La radiografia postoperatoria mostra un trattamento endodontico conservativo (Fig.14), canali radicolari sagomati, detersi ed otturati in tre dimensioni.

Figura 14: La radiografia postoperatoria, dopo compattazione verticale a caldo della guttaperca, mostra un trattamento endodontico conservativo, canali radicolari sagomati, detersi ed otturati in tre dimensioni.
Gli obiettivi meccanici della sagomatura sono soddisfatti.
L'anatomia preesistente è stata preservata, forami apicali, di piccole dimensioni, sono stati mantenuti nella loro posizione originaria.
Anche i principi biologici di detersione ed otturazione canalare sono stati ottenuti con successo.
Gli istmi di collegamento tra i due canali mesiali, chiaramente evidenziabili nel terzo apicale, ovvero la porzione di canale più delicata e strategica per il successo ed il delta apicale del canale distale (Fig.15) sono la chiara testimonianza di un approccio minimamente invasivo nel rispetto dei principi base enunciati da Herbert Schilder, ma tuttora indiscutibilmente validi.

Figura 15: Radiografia endorale sproiettata. Gli istmi di collegamento tra i due canali mesiali, chiaramente evidenziabili nel terzo apicale, ovvero la porzione di canale più delicata e strategica per il successo, ed il delta apicale del canale distale sono la chiara testimonianza di un approccio minimamente invasivo nel rispetto dei principi biologici di detersione ed otturazione canalare.
In virtù delle limitate risorse economiche del paziente, della sua giovane età, della presenza di una cavità residua a due superfici, di una cavità d'accesso eseguita in modo conservativo, della preservazione della cresta marginale mesiale, di cuspidi mesiali sufficientemente supportate, si pianifica un restauro diretto adesivo in composito, pur comunicando al paziente che il restauro indiretto con copertura e protezione cuspidale rappresenta al momento il gold standard per un prognosi favorevole a distanza dei molari trattati endodonticamente.
Il restauro diretto adesivo in composito rappresenta un'opzione conservativa, economica e non è altro che un build-up, utilizzato in futuro come fondamenta per l'intarsio definitivo.
Per il successo del restauro diretto devono necessariamente essere rispettati alcuni punti chiave:
- un isolamento del campo maniacale con la diga di gomma.
- il rigoroso rispetto dei protocolli di adesione.
- una preparazione cavitaria minimamente invasiva che rispetti e preservi tutta la sostanza dentale sana residua.
- il rinforzo dell'area pericervicale, ovvero dell'area che sta 4mm sotto e 4mm sopra la cresta occlusale. Questa porzione anatomica corrisponde al terzo coronale dei canali e al pavimento della camera pulpare.
- l'impiego di uno strumentario adeguato che consenta di ricostruire perfettamente l'anatomia interprossimale: matrici sezionali, anatomiche e sottili, cunei ed anelli divaricatori.
- il ripristino morfologico, funzionale ed estetico della porzione interprosimale: sigillo marginale cervicale, profilo d'emergenza e soprattutto area di contatto forte al passaggio del filo interdentale, che impedisca l'impact food e semplifichi le manovre di igiene orale domiciliare del paziente.
- controlli clinici e radiografici periodici.
La preparazione cavitaria che precede il restauro post'endodontico (punto 3), non può prescindere dall'impiego di frese dedicate (Fig.16) che consentano di rimuovere la guttaperca e il cemento dagli imbocchi canalari per un paio di millimetri, di detergere accuratamente e delicatamente le superfici cavitarie, senza rimuovere sostanza dentale sana e mantenenedo, se possibile, i sottosquadri.

Figura 16: Fase di preparazione cavitaria.
Il box distale e i margini cavitari sono stati scrupolosamente rifiniti (Fig.17).
Dopo aver posizionato matrice, cuneo ed anello divaricatore (Fig.18), la zona pericervicale è stata rinforzata con compositi flow (Fig.19) e dopo la stratificazione con masse dentina lattescenti (Fig.20), il restauro post endodontico è stata finalizzato ricostruendo anche le cuspidi linguali a mano libera.
La radiografia periapicale di controllo mostra il restauro conservativo adesivo (Fig.21), il follow up, a distanza di 4 anni, mostra le lesioni perfettamente guarite (Fig.22).

Figura 17: Fase di Rifinitura.

Figura 18: Restauro post endodontico. Matrice sezionale, cuneo in legno, anello divaricatore assicurano sigillo marginale cervicale, profilo d'emergenza e area di contatto ottimali. Forma, funzione ed estetica sono stati ottenuti con una procedura rapida, economica e conservativa. La copertura cuspidale completa è stata pianificata per garantire l'integrità strutturale dell'elemento a lungo termine.

Figura 19: Dettaglio delle fasi restaurative dopo il posizionamento del composito flow.

Figura 20: Dettaglio delle fasi restaurative dopo il posizionamento del composito lattescente prima della stratificazione delle cuspidi linguali.

Figura 21: La radiografia periapicale di controllo mostra il restauro adesivo conservativo senza perni. L'ampia camera pulpare e gli imbocchi canalari assicurano una superficie sufficientemente estesa per l'adesione del restauro coronale .

Figura 22: Radiografia di controllo a distanza di 4 anni. Le lesioni sono guarite e il paziente è totalmente asintomatico.
Il paziente è asintomatico. Il successo a lungo termine degli elementi posteriori trattati endodonticamente è fortemente condizionato dalla preservazione e dal rinforzo della struttura sana residua, specialmente nel terzo apicale e nell'area pericervicale, da una cavità d'accesso conservativa e da un restauro post'endodontico che sigilli, rinforza e protegga i tessuti dentali.
Figura 23: Le aree anatomiche strategiche per il successo a distanza: terzo apicale radicolare, area pericervicale, zona interprossimale.
Ringraziamenti
Si ringraziano le assistenti Silvia Gallo e Roberta Tramonte, per il prezioso aiuto quotidiano in studio.
Si ringrazia soprattutto il Dr. Polesel per il presente interessante articolo su EndoTracer e un caso clinico.
Letture consigliate
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- Polesel A. La gestione dei casi complessi nel paziente in età avanzata. Cap 14 in Manuale di Endodonzia. EDRA edizioni. 2011, Milano.
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